Eko 820 Condor 1965/66

Jack Marchal

Now we enter the 3rd generation of the 820 range. At first glance no big difference from the previous configuration, except that truss-rod adjustment has been moved from headstock to the body end of the neck.

Hence no more black plastic clock shaped plate above the nut.This apparently minor change marks actually a kind of revolution that involved at the same time Eko’s manufacturing technologies and practices as well as its production program and marketing philosophy. As far as I know this revolution took place in the first half of 1965.

The contract manufacturing agreement reached with Vox one year before put the company in front of a challenge in sight of the skyrocketing demand in the U.S. for all sorts of Vox products. Guitar production had suddenly to be increased by a factor two and more. Due to insufficient floor space in the premises the company had in Recanati since 1961, Eko moved in early 1965 to a much larger industrial site in an outskirt of the town.

The new facility was equipped with state-of-the-art machinery, advanced cost calculation methods were introduced along with highly rationalized manufacturing procedures.

Now a clever mix of specialisation and overlapping between the Vox and Eko ranges allowed to built from standardised components hundreds of guitar models instead of a dozen. Outdated ranges like the 500 and 700 series that didn’t fit in the new scene were discontinued. This was the end of the sparkle celluloid era. The old “double polarity” pickups and push-button controls survived this mutation by a few quarters, long enough to empty warehouses. The 3rd generation 820 Condor shown here are typical of this transition era.

But what about truss-rod adjustment location? Basically there were early in the 60′s (and still currently) two acknowledged solutions. Fender’s choice was to keep headstock natural, access to truss-rod being hidden at the body end of the neck. Gibson’s solution was a black truss-rod plate on a black headstock. In both cases it had to be as little conspicuous as possible. Early Eko ranges (and nearly all Italian guitars at that time) followed Gibson’s example. Vox solid guitars previously made in England applied Fender’s solution instead (actually they hadn’t any truss-rod adjustment, which makes them virtually unplayable today). Since model policy for the Italian made Vox guitars was to keep a natural finished headstock on all solid body ranges (black headstock for most hollow bodies), the simplest way was to generalize truss-rod adjustment on body end to every electric guitar built in Recanati, whatever the headstock finish or shape or the logo applied on it.

Hence the rule (that doesn’t apply to flat-top acoustics however): any Eko with a truss-rod plate above the nut cannot have been made after 1965 ; any Eko without this feature cannot have been built prior to 1965.

Questa è la 3a generazione delle 820. Alla prima occhiata niente di molto diverso dalla configurazione precedente, salvo la regolazione del truss-rod spostato dalla paletta all’estremità del manico. Dunque niente più piastra campaniforme nera sopra il capotasto.

Differenza minore solo in apparenza, questo cambiamento segna infatti una sorte di rivoluzione che investì allo stesso tempo le tecnologie e le metodologie di produzione della Eko, la gamma di strumenti e la filosofia aziendale. Se non sbaglio questa rivoluzione ebbe luogo nella prima metà del 1965. L’accordo di fabbricazione firmato con Vox un anno prima poneva la Eko davanti a una sfida visto l’aumento esplosivo della domanda in USA per qualsiasi tipo di prodotti Vox. Improvvisamente era necessario almeno raddoppiare la produzione di chitarre. Data la mancanza di spazio nell’officina che la ditta occupava a Recanati sin dal 1961, la Eko si trasferì verso un sito industriale molto più ampio nella periferia della città, verso il mare. La nuova fabbrica venne attrezzata con i macchinari più moderni, furono introdotte metodologie avanzate di calcolo dei costi nel quadro di procedure industriali altamente razionalizzate.

Una astuta combinazione di specializzazione dei brands e di elementi comuni consentiva ormai di assemblare con una componentistica standardizzata centinaia di modelli invece di una dozzina. Serie invecchiate come le 500 e 700, poco convenienti nel nuovo scenario, furono fermate. Addio celluloide a brillantini. I pickups “doppia polarità” e le vecchie pulsantiere sopravvissero per pochi trimestri, fino all’esaurimento delle scorte di magazzino. Le 820 Condor qui presentate sono tipiche di questa era di transizione.

Ma che c’entra la regolazione del truss-rod? Fondamentalmente c’erano all’inizio degli anni 60 (e ancor’oggi) due soluzioni collaudate. La scelta di Fender era quella di conservare la paletta naturale essendo dissimulato l’accesso al truss-rod dal lato del corpo. La soluzione Gibson era: piastra di truss-rod nera su paletta nera. In entrambi casi si trattava di nascondere l’accesso alla regolazione quanto più possibile. Le prime serie Eko (e quasi tutte le chitarre italiane del tempo) seguivano l’esempio di Gibson. Le vecchie Vox costruite in Inghilterra, invece, applicavano la soluzione Fender (infatti non avevano nessuna regolazione del truss-rod, il che le ha rese oggi praticamente insuonabili). Poiché la strategia di gamma per le Vox solidbodies made in Italy era di lasciare la paletta verniciata naturale (per le semi-acustiche era generalmente nera), la soluzione più semplice fu di generalizzare per tutte le chitarre assemblate a Recanati la regolazione del truss-rod dalla parte del corpo, con qualsiasi forma o finitura della paletta di qualsiasi marchio.

Quindi, la regola (non applicabile però alle acustiche di tipo tradizionale): ogni Eko con regolazione del rinforzo del manico sulla paletta non può essere stata fatta più tardi del 1965; una Eko sprovvista di questo particolare non è stata fatta anteriormente.

Truss-rod adjustment relocation bought about a few changes in the pickup area. Both neck pickups were moved of a few millimeters to make some room for the protruding spoke nut. The slide-button stripe moved along. For symmetry’s sake bridge pickups were moved in the opposite direction. As a result the relative position of rivets on pickguard was substantially modified, as can clearly be seen on the photo (comparizon of 2nd and 3rd generations).

Probably for the same reasons of available room the black pickup rings were discarded.

Another change is the natural finish on the back of the neck, that allows the converging 5-piece construction to be seen — 3 pieces of maple (here of 2 different shades) and 2 thin rosewood layers.

Complicated but efficient. Eko (and Vox) necks are remarkably stable. This superb structure was used for all Eko electrics right from the beginning, even when hidden under an opaque celluloid layer. Welson and Bartolini/Gemelli also used it. Similar solutions are still applied for Manne guitars currently made in Italy.

By the way we show here two neck plates. The Condor guitars they belong to are absolutely equal. One plate has a serial number, the other not. Serial numbers show here and there on certain Eko (and Vox) guitars, in totally erratic random order. They are of no help for dating an instrument.

Another consequence of the big change of 1965 was the introduction of the name “Condor” instead of 820. With the steadily growing number of series in the catalog it was no longer possible to continue the 500, 600, 700 etc. designations.

Preference was given henceforth to names taken from offensive beasts (Cobra, Barracuda, Dragon, Manta…). Previous naming scheme was reminiscent of humble Fiat vehicles. The new one had a more stimulatong flavour of sportscars.

Il trasloco della regolazione del manico ha portato con se alcune modifiche nella zona dei pickups. La coppia del lato manico si sposta di qualche millimetro per lasciare spazio al bullone che emerge da sotto la tastiera.

La pulsantiera segue il movimento. In nome della simmetria la coppia al ponte avanza nella direzione contraria. Ne risulta un cambio sostanziale della posizione relativa dei rivetti sul battipenna, come si vede chiaramente dalla foto che mette a confronto le generazioni 2 e 3.

Probabilmente per le stesse ragioni di spazio disponibile vengono eliminate le cornici nere dei pickups.

Un altro cambiamento riguarda il retro del manico verniciato naturale, che consente di vedere la costruzione a 5 pezzi convergenti — 3 di acero (qui di 2 sfumature diverse) e 2 sottili spessori di palissandro. Complicato ma efficace.

I manici Eko (e di Vox) sono notevolmente stabili. Questa superba struttura era usata per le elettriche Eko sin dall’inizio, sebbene nascosta sotto uno strato opaco di celluloide. Era usata anche da Welson e Bartolini/Gemelli. Soluzioni simili sono applicate per le odierne chitarre italiane di Manne.

A proposito, mostriamo anche due piastre del manico. Appartengono a due Condor assolutamente uguali. Una piastra porta una cifra, l’altra no. Questi numeri di serie appaiono qui e la su certe chitarre Eko (e Vox), in ordine erratico e totalmente aleatorio. Non aiutano in nessun modo a datare uno strumento.

Un altra conseguenza del gran cambiamento del 1965 fu l’introduzione del nome “Condor” al posto di “820″. Con il numero sempre crescente di modelli in catalogo non si poteva più continuare con le denominazioni numerali 500, 600, 700 ecc. La preferenza andò a nomi di animali aggressivi e pericolosi: Cobra, Barracuda, Dragon, Manta… Il primo sistema di designazione rievocava gli umili veicoli della Fiat. Il nuovo aveva il profumo più stimolante delle macchine sportive.