Billy Boy Guitars
Fabio Ghiribelli
Intervistiamo Fabio Ghiribelli, deus ex machina di Billy Boy Guitars. Nell’intento di raccontare le chitarre fetish contemporanee, in Italia non potevamo che partire da lui.
Dove sei e come hai iniziato a fare chitarre
Vivo in un paesino vicino Montecatini Terme, si chiama Pieve A Nievole (PT). Nel 2003 ero già lì che smontavo i miei strumenti e li “rabberciavo” facendo ponticelli e battipenna, nonché i primi esperimenti per tremoli, nella ditta metalmeccanica dove lavoravo, nelle ore di pausa. Una delle prime cose che ho fatto, infatti, è stata una cordiera in acciaio inox, per una copia di una Rickenbacker che comprai, essendo in quei periodi fissato per gli Who. La cosa fu difficile, ma chi la vide, compreso mio padre che mi ha tramandato la manualità e che oggi è un aiuto fondamentale nel mio lavoroe che mi fece capire che dovevo continuare a lavorare sugli strumenti.
Cosa ti ha influenzato delle chitarre bizzarre degli anni 60?
Sicuramente il suono dei dischi degli anni 60 è stata la prima cosa che mi ha avvicinato a certi strumenti. Non ho avuto molte chitarre nella mia vita, e sicuramente mai una Fender o una Gibson (anche se ne ho riparate e smontate tante), e questo perché non avevano mai il suono che cercavo, quello che sentivo sui “Nuggets” per esempio. Ogni band aveva il suo strano suono, iniziando dai chitarristi che se lo personalizzavano e io mi sbattezzavo per capire come si poteva arrivare ad un sound del genere. Quando poi ho cominciato a vedere quali erano gli strumenti che avevano queste band, ho visto la creatività e la genialità degli artisti costruttori degli anni 60, oltre che nel sound anche sull’estetica. Per quanto mi riguarda, io sono solo un attento osservatore di ciò che è stato realizzato, senza eguali, in un passato che sembra dimenticato, visto alcune moderne produzioni di strumenti, senza stile ne radici.
Da dove nasce il marchio?
BillyBoy è il soprannome che mi davano gli amici quando suonavo in una delle band che ho avuto più a cuore i “Los Dragos”. Facevamo una sorta di power garage ispirato anche talvolta al “rhythm and blues” dove mi divertivo a vestirmi come un signore inglese, con la bombetta e cappotti neri lunghi. Dato che ho i capelli vagamente riccioli, un mio amico mi chiamava BillyBoy, come un personaggio del film “Arancia Meccanica”. Presto tutti mi chiamarono così e quindi in onore al soprannome e a uno degli anni più belli della mia vita, ho chiamato BillyBoy la mia linea.
Il tailpiece a forma di teschio con le corde infilate nei denti è uno dei tuoi tratti distintivi. Che origini ha?
Il teschio, anch’esso un marchio depositato, mi piaceva per la funzione meccanica di ancoraggio delle corde, esercitata dai denti, secondariamente, reincarnava tutto il mondo punk 70 o Rockabilly schiacciando un occhio anche agli anni 50. Per la realizzazione e la rifinitura grafica, del primo disegno realizzato, chiesi aiuto ad un mio amico, che ad oggi è tatuatore (Capex style). Il primo teschio l’ho lavorato tutto a trapano mola e lime. Adesso non è che non ci sia da fare comunque, dato che li faccio tagliare al laser e quando li prendo sono ancora molto grezzi.
Che pick-up monti?
Per quanto riguarda i pickup, cerco di andare incontro al musicista in questione, cioè cerco di interpretare le richieste, provo a montare un pickup che mi aiuti ad ottenere il sound richiesto. Credo che in commercio ci siano molti bravi costruttori, per questo non ho ancora sviluppato una mia linea di pickup, anche se spesso oggi si predilige un output d’uscita troppo alto per i miei gusti. In ogni modo spaziando fra le marche in commercio do più scelta ai musicisti di quanto non potrei fare io con un pickup realizzato unicamente da me. Per i miei strumenti cerco sempre di utilizzare comunque pickup di alta qualità, e quando riesco a suggerirne una certa tipologia, cerco di utilizzare pickup che non coprono il suono del legno, ma lo enfatizzano. Poi essendo amante di pedali vintage tipo Fuzz, per gli strumenti personali, cerco sempre pickup piuttosto morbidi in modo da non “strozzare” il suono finale. Tra le marche che utilizzo di più ci sono sicuramente TV Jones e Lipstik. Ho avuto modo di montare anche Voodoo, e devo dire che m piacciono. Ricordo che al povero Roberto Pistolesi l’ho stressato un bel po’ per avere una coppia dei suoi Voodoo P90 selezionati. Furono i primi che provai infatti, un altro set per Strato invece, sempre comprato dal Pistolesi, lo custodisco con parsimonia, e lo utilizzo solo come test per le chitarre.
Quanto è lunga la lista d’attesa?
Per adesso la lista di attesa si aggira sui 7/8 mesi, ma sto lavorando all’invenzione di nuovi macchinari inventati, per velocizzare la produzione, pur mantenendola assolutamente artigianale.
Quanti strumenti fai in un anno?
Non molti, dato che non pubblicizzo molto la mia linea e vengo generalmente scoperto per caso. Non mi interessa per adesso creare tanti strumenti dato che in questi anni ho sperimentato molto, cercando di ottenere tra le varie richieste fattemi, una personalità più specifica che identificherà i vari modelli e la realizzazione futura di essi. Le ultime idee infatti, devono ancora essere viste, ma credo che agli amanti del vintage e dello stile 60 ameranno moltissimo alcune linee che sto per mettere fuori, tra cui un nome in anteprima, la “Zero” che segna infatti il momento di azzeramento della mia produzione passata, per ricominciare con una nuova era costruttiva.
Solo su commissione?
Come ho accennato prima, ho lavorato solo su commissione, per unire la sperimentazione alle richieste casuali di chi voleva un suo personale strumento, ma tra breve sarò in grado di proporre strumenti progettati secondo una mia idea, partendo dei legni per finire all’elettronica. Adesso credo di essere in grado più che mai, di dare ai miei strumenti un suono personale. Sinceramente, anche quando il suono che usciva da un mio strumento non era quello immaginato, ( non siamo dentro al legno, possiamo solo fare delle supposizioni sul suono che uscirà), ogni musicista che si è rivolto a me ha sempre esternato una certa soddisfazione nel suonare un mio strumento e nel cercare di “domarlo”.
Il tuo endorser più felice?
Credo che ad oggi sia un musicista Inglese Jim Jones (recentemente ha suonato e cantato nei “Jim Jones Revue“) con il quale sto ancora collaborando, ama veramente la mia linea. Sto costruendo anche un nuovo strumento per il prossimo suo tour. Per me lui è un mito e quindi mi sono offerto di fargli uno strumento che potesse soddisfarlo al massimo.
La richiesta più assurda che hai avuto
Non ricordo cose stranissime tra le richieste anche perché chi si avvicina alla mia linea, credo sappia cosa si aspetta. Generalmente, la persona inesperta oppure chi inizia a suonare conosce i marchi più famosi, quindi chi rivolge lo sguardo verso le mie chitarre, solitamente, ha più esperienza e vuole uno strumento originale. Piuttosto richieste di personalizzazione un po’ troppo uniche o difficili da realizzare in modo artigianale, come segna posizione con il nome ecc. Ho realizzato diversi modelli per soddisfare, spero, le esigenze di molti musicisti e non importa se ad alcuni non piacciono le mie scelte, questo era in cantiere prima di cominciare, in ogni modo non accetto mai rivisitazioni stilistiche da parte di nessuno, per tentare di conservare il mio tratto caratteristico, se qualcuno ce lo sa rivedere, perché è l’unica cosa che mi da un’identità. Anche la scelta del teschio fu difficile, sapevo che avrebbe diviso il parere di molti, e non me la prendo, quando non piace, ma tutti riconoscono con un colpo d’occhio, che è il marchio di Billy Boy.
Suoni, hai un gruppo?
Ho avuto molti gruppi, e mai Cover Band! Ho sempre avuto l’idea di fare progetti musicali originali. Grazie ad un nucleo di amici più raro che insolito ho potuto ascoltare negli anni, molta musica underground e band che comunemente non avrei mai potuto sentire nelle radio italiane. La storia dei miei ascolti è lunga, ma mi è servita per rispettare tutti i generi musicali, anche quelli che non amo. Come tutti i ragazzi ho vissuto il periodo metal, forse è la prima spiaggia dove un musicista o anche ascoltatore che non si uniforma alla massa, riesce ad approdare, per poi passare dentro la new wave, il noise, la psichedelia 60/70, ed infine il garage, garage punk, il garage in tutte le sue forme, e ultimamente seguo alcune tendenze di Sa Francisco e dintorni, che uniscono garage, indie, lo/fi, ecc, che comunque hanno sempre una componente 60/70. Dimenticavo, ho suonato per un periodo il violoncello, quando mi fissai per la classica, ma non era il mio genere dopo tutto. Attualmente la mia band si chiama “the Dirtiest”, siamo un duo (batteria e chitarra), genere, garage-indie-lo/fi.
Che chitarre usi?
Adesso uso un paio di semiacustiche costruite da me, che hanno un suono intermedio tra una Gretsch e roba simile alle Silvertone, Harmony, ecc, (mi piace il suono degli strumenti vintage considerati di serie “B”).
I tuoi tre dischi preferiti di sempre
Per quanto riguarda i tre dischi preferiti di sempre, rivolgo l’attenzione a quei dischi che ovviamente mi son piaciuti all’ascolto (ne avrei molti di preferiti), ma che nel caso specifico, mi hanno fatto saltare un vero e proprio scalino evolutivo nella crescita di musicista, avvenuta purtroppo in anni successivi addirittura alla generazione punk:
- Beatles – Magical Mystery tour
- Thee Hypnotics – Soul, Glitter & Sin
- AC / DC – Highway To Hell
La chitarra della tua vita
La chitarra della quale mi sono innamorato e tra le altre cose, mi ha convinto a costruire strumenti, è stata una vintage “Inter-mark Cipher Valor 4T” . L’ho suonata per molto tempo, perché aveva ed ha, una magia, casualmente, speciale. Non ha caratteristiche comunemente apprezzabili dai musicisti ma ha uno spiccato suono vintage, irriproducibile. Adesso sono riuscito a costruirmene anche altre che hanno il suono giusto per me.
La tua passione non musicale
Sinceramente, mi piace curiosare qua e là su molte cose, tra cui il cinema, ma non ho una vera passione per niente oltre la musica e gli strumenti.
Cosa farai da grande?
Beh questa domanda è bella perché coglie il significato, circa la realtà di questo lavoro artigianale. La cosa che cercherò di fare da grande è di rimanere un bambino, sperando che la vita me lo conceda ancora per molto tempo. Purtroppo non costruisco tutti i giorni cose vitali per l’umanità, non faccio materiali indispensabili per la sopravvivenza e quindi non sono così importante, vivo in una realtà artistica per molti superflua, ma se io mi privassi di questo sogno ne soffrirei molto. Cercherò comunque di far crescere questa attività, quindi, dando risonanza ai modelli che ho disegnato con cura, in questi anni, Cercando di continuare a fare strumenti, che si rifanno ai momenti storici che amo di più, con lo scopo di arrivare più vicino che posso ai suoni degli strumenti vintage, per ultimo cercherò di farmi anche delle gran belle passeggiate nei pomeriggi di sole, perché gli anni passano amici!
Grazie!